Raimondo Pasquino: "Rappresento la CRUI come vice-presidente e però sono anche Rettore di un'università del Sud di Salerno. Ovviamente quello che le ci chiedeva di dare di dare un giudizio sul PON, non soltanto è un giudizio positivo, ma do la disponibilità innanzitutto come già stato per il passato da parte della Fondazione CRUI che ha collaborato in un progetto, in più di un progetto con il Miur perché potesse essere portato nelle università del Sud con un sistema che la Fondazione è riuscita a mettere sù, un sistema a rete e, quindi, con competenze che si sono tradotte anche in grande collaborazione però visto che il Ministro ha fatto una panoramica anche sul ruolo dell'università, io devo sottolineare qualche aspetto non in risposta al Ministro ma anche per chiarire alla platea che non è fatta soltanto di universitari che io saluto e saluto in particolare i tanti giovani che ho visto in sala e questo dimostra una grande sensibilità verso i temi che il PON tratta ed, in particolare, il tema della Ricerca e della Competitività che per il passato, devo dire, nell'università, in alcune università sull'equivoco della ricerca fondamentale di base e sulla ricerca industriale, la ricerca applicata come fatti disgiunti è talvolta stata anche considerata come un non dovuto, la ricerca industriale e quindi anche un impoverimento per il Paese di quelle che erano linee di ricerca che si sviluppavano all'interno delle università. Noi sappiamo che l'università è la sede prioritaria della ricerca per numero di ricercatori, per impegni che si sono sviluppati nel corso degli anni, lo è stato quando nel Testo Unico del '33 si sono individuate le funzioni dell'università e lo si è ribadito quando nel '68 con la legge istitutiva del Ministero si è fatto riferimento alla ricerca universitaria. C'è una grande collaborazione con gli altri enti di ricerca in particolare con il CNR, quindi, con università, ricerca, enti pubblici e privati della ricerca non c'è stata mai una competizione al peggio, ma una competizione al meglio. Dobbiamo dire però e lo dobbiamo dire perché quando parliamo di ricerca è necessario anche stabilire che chi fa la ricerca in Italia per numero di ricercatori, cioè coloro che si dedicano per professione alla ricerca sono la metà per numero rispetto, fatto 1000 il numero di abitanti dell'Europa, ed è un terzo rispetto agli Stati Uniti ma quando andiamo a confrontare i risultati della ricerca in termini di pubblicazioni ed in termini di brevetti, troviamo che la pubblicazione e i brevetti sono comprabili, anzi ci piazziamo in modo significativo rispetto a questi paesi. Se andiamo a vedere però qual è il ritorno economico in termini di stipendio di un ricercatore nel nostro Paese troviamo che rispetto alla media europea è tra gli ultimi così come troviamo anche un'età media che è superiore a quella dell'Europa. Questi son parametri dai quali non ci possiamo discostare e dobbiamo tenerne conto anche quando parliamo di numero di ricercatori che opera nel nostro Paese perché è importante capire, lo diceva prima il Ministro, l'immissione di nuovi ricercatori che stanno già nel sistema universitario sotto forma di dottori di ricerca, di assegno di ricerca e di tutte quelle forme non di precariato ma di addestramento alla ricerca, di questo noi dobbiamo tener conto nel momento in cui parliamo del sistema Paese e del ruolo che la ricerca deve svolgere rispetto alle esigenze del Paese nella sua necessità di svilupparsi. Quando pensiamo alla ricerca noi dobbiamo dire che il valore della ricerca è nell'atto stesso della ricerca cioè noi sappiamo che chi sceglie di fare il ricercatore ha una forma mentale, ha una passione che mal si sposa, talvolta, con altri profili professionali. E dobbiamo sottolineare anche un altro aspetto altrimenti rischiamo di fare un discorso unilaterale che il sogno che c'è in ogni ricercatore e che si sposa, quindi c'è un equilibrio tra i sogni ed il pragmatismo e cioè la concretezza, talvolta portano a raggiungere quella che era in uno spirito di ricerca di un sogno di ricerca ad un risultato positivo e quindi questo gratifica l'impegno del ricercatore, ma non sempre è così. Talvolta la ricerca non dà risultati immediati e allora in questo senso va chiarito che la ricerca industriale non può essere considerata l'unica ricerca che si svolge all'interno di un sistema come l'università, io lo sottolineo per l'università ma vale per qualsiasi ricercatore, perché la libertà nella ricerca che è un elemento che deve caratterizzare la collocazione del ricercatore nel sistema universitario deve poter portare risultati concreti, ma deve anche poter restare una ricerca fondamentale che è altrettanto importante ed altrettanto significativa. Noi abbiamo detto che i risultati della ricerca del nostro sistema sono comparabili col resto dell'Europa e anche con il resto del mondo se però andiamo a vedere la competitività internazionale troviamo che in quella classifica il Paese è mal posizionato. È mal posizionato perché nella questione relativa alla produttività quindi a quel sistema che avrebbe dovuto in qualche modo rappresentare il Paese nel mondo noi abbiamo puntato molto in quella che era l'esportazione dei prodotti cioè in un sistema che riguardava il numero di, la quantità di produzione che riuscivamo a realizzare nel nostro Paese attraverso il sistema manifatturiero e l'esportazione legata al prodotto ovviamente andata in crisi in una competizione internazionale e attraverso questa noi siamo classificati, siamo mal posti ma se, invece, leghiamo come dobbiamo legare la competizione internazionale non soltanto all'esportazione del prodotto, ma all'esportazione di competenze di progetti, di servizi, di investimenti all'estero e poi di innovazione nelle tecnologie perché non lo dimentichiamo la ricerca serve all'innovazione, la ricerca non è equivalente all'innovazione, l'innovazione si lega ad un processo produttivo, la ricerca è invece un qualcosa che va oltre il momento dell'innovazione e comprende ben altri impegni rispetto a quella che è soltanto un segmento di un processo produttivo. Così come nell'organizzazione del sistema dell'organizzazione imprenditoriale cioè non è pensabile che la nostra competizione si fermi soltanto ad un segmento di tutta l'attività, ma è invece importante tener conto di quelli che sono tutti i segmenti e rispetto a questi avere una possibilità perché il Paese possa misurarsi con il resto dell'Europa e con il resto dei paesi internazionali che oggi competono con noi. Il ruolo dell'università, lo dicevo all'inizio, noi siamo disponibili abbiamo già iniziato in alcune università del Sud, le abbiamo queste, le banche delle competenze. Le banche delle competenze servono a conoscere e a conoscerci su quelle che sono le capacità di quella università rispetto al suo territorio e rispetto al resto del Paese".