Luciano Criscuoli: "Buonasera, cercheremo di annoiare il meno possibile se è questa la raccomandazione e cercheremo di stare nei tempi anche perché dopo un quarto d'ora il livello d'attenzione crolla, eh però c'è da dire una cosa innanzitutto io esprimo un'enorme soddisfazione per questa sala piena che è una sala piena di persone che appartengono a mondi diversi è il sistema che si comincia ad integrare e comincia ad integrarsi sugli stessi obiettivi questo è molto bello. Io vi ringrazio, vi ringrazio veramente. Però voglio dire io starò nei 10 minuti certamente però caro amico Feleppa tu hai tirato fuori una serie di dati e di cose che meriterebbero un minimo commento. Naturalmente mi asterrò dal farlo perché altrimenti la riunione si sposterebbe anche quanto ad obiettivi però qualcosa la volevo dire anch'io. Io prendo un po' con le pinze tutte queste rilevazioni statistiche perché poi ci sono delle contraddizioni che tu stesso hai evidenziato, industrie che non fanno ricerca, sistemi che non funzionano che però poi mantengono livelli di export molto forti. C'è qualche perplessità, l'Italia che dal punto di vista scientifico si colloca ai primi posti, i primi quattro, cinque posti parlo qualitativamente nel mondo e poi starebbe al 46° posto come competitività e poi la statistica è un po' come, siamo a Roma rubo la battuta a Trilussa, 'se uno mangia un pollo e l'altro non lo mangia abbiamo mangiato mezzo pollo per uno' perché poi in effetti il nostro Paese meriterebbe degli approfondimenti che a livello territoriale non dimentichiamo che abbiamo delle Regioni che francamente rappresentano forse le più innovative, le più capaci sotto il profilo della competitività rispetto all'Europa non rispetto all'Italia, qui abbiamo, quindi, un discorso da portare avanti di rilancio di alcune situazioni che ben conosciamo. Mah, io dico innanzitutto una cosa, siamo sotto Natale auguri a tutti, c'è l'avvento, Natale è l'avvento e qui c'è l'avvento di questa cosa che finalmente nasce, si muove e diventa da progetto diventa iniziativa concreta e si va a realizzare. Nella tua prolusione hai fatto cenno a qualcosa che io reputo estremamente importante e sulla quale vorrei spendere qualche parola. Innovare non significa soltanto portare dei prodotti innovativi sul mercato, non significa soltanto avvalersi delle conoscenza per diventare più competitivi, innovare significa rivedere le posizioni ci ciascuno di noi costantemente e cercare di rispondere a quelle che sono le sfide di una globalizzazione sempre più fitta, intensa, e per molti versi pericolosa. Cosa è avvenuto di nuovo? Tu mi hai chiesto di sottolineare le novità, innanzitutto è avvenuto un fatto straordinario per il nostro Paese, è avvenuta la orizzontalizzazione dell'amministrazione. Noi siamo abituati ad un'amministrazione verticale ad un'amministrazione che si occupa dei problemi specifici istituzionali, una sorta di sportello a cui il cittadino si rivolge, uno sportello a cui il cittadino si rivolge, uno sportello che sembra quasi indifferente, uno sportello che si limita quasi ad un ruolo notarile applicando normative e verificando se esistano o meno i presupposti per concedere qualche cosa che, invece, spetta. Qui abbiamo orizzontalizzato l'amministrazione, abbiamo parlato, ricordavi correttamente nel PON con i colleghi, amici del Ministero dello Sviluppo Economico ma non abbiamo parlato solo con loro, abbiamo parlato con il Ministero dell'Ambiente, abbiamo parlato con in Ministero delle Infrastrutture, abbiamo parlato con il Ministero dell'Economia e Finanze, abbiamo parlato con l'innovazione tecnologica, abbiamo parlato con le Regioni, abbiamo parlato con tutte le pubbliche amministrazioni che abbiano la responsabilità reale delle sfide che questo Paese deve sostenere. Che cosa abbiamo fatto di nuovo? Siamo passati dalla fase di sportello, dalla fase quindi di soggetto quasi passivo alla fase di soggetto attivo, alla fase di soggetto che va ad incidere direttamente sulle scelte strategiche e politiche del Paese. Questo è l'elemento di grande novità, è vero siamo sotto Natale 2008, ripeto, faccio gli auguri e questa festa la viviamo sempre con profonda commozione e con riflessione. Abbiamo perso un po' di tempo è vero, ma il problema è che non abbiamo perso tempo, abbiamo programmato, abbiamo fatto una cosa che generalmente soprattutto sul versante della ricerca trova pochi precedenti. Uno dei problemi del nostro Paese anche sulla ricerca è stata forse il limite della programmazione. Abbiamo agito un po', come dire, per emergenze, a spot, abbiamo sostenuto queste o quelle iniziative ma poi queste o quelle iniziative hanno smesso di avere sostegno in molti casi hanno avuto successo, sono diventate strutturali in altri, invece, sono morte ma perché? Perché forse non inserite in un quadro strategico complessivo è esattamente quello che vogliamo fare con questo Programma. Questi si chiamano i soldi, Fondi strutturali, quindi devono realizzare delle strutture permanenti sul territorio, non stiamo più a parlare di finanziare progetti o iniziative che, per carità, meritano tutto il rispetto e l'attenzione ma in altre sedi. Stiamo parlando di un programma articolato su obiettivi strategici di grande respiro che dovrebbero consentire al nostro alle nostre Regioni della Convergenza di affermare finalmente il loro ruolo che non è un ruolo di rincorsa è un ruolo di opportunità per l'intero Paese, considerate solo i settori nei quali andiamo ad incidere, cito a caso alcuni settori importanti, l'aerospazio, cito le biotecnologie, cito i trasporti, le nanotecnologie piuttosto che la microelettronica, l'ICT e l'energia. Queste sono opportunità per il Paese non è una questione di rilanciare l'economia del Mezzogiorno. Per fare questo abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di responsabilizzarci tutti, noi come pubblica amministrazione abbiamo cercato di farlo. Siamo pronti a spenderci per la fase esecutiva, per la fase di verifica, per la fase controllo. Per quanto riguarda l'aspetto operativo posso anche dire con una grande soddisfazione che ormai siamo pronti per partire perché abbiamo concluso proprio in questi giorni la prima fase di programmazione con le Regioni, daremo luogo a degli APQ 'Accordi di Programma Quadro' che, certamente, ci indirizzeranno in maniera precisa per i prossimi due anni. Siamo quindi, proprio, ormai allo stat-up di tutte le iniziative. Si è concluso questo confronto con le Regioni che è stato costruttivo, ci ha insegnato tanto, ci ha fatto prendere visione perché le Regioni e poi forse lo diranno nei loro interventi hanno fatto qualcosa di più rispetto al passato, come noi abbiamo fatto qualche cosa di più. Hanno animato il territorio, hanno chiesto, hanno chiesto, alla loro comunità scientifica e produttiva di esprimere esigenze di tracciare delle iniziative importanti, ripeto di carattere strutturale. Ce le hanno manifestate, le abbiamo discusse e oggi rappresentano la spina dorsale di questo programma. Abbiamo bisogno di più, abbiamo bisogno, dicevo, in questa sala ci siamo, ci sono le pubbliche amministrazioni siamo tutti qui veramente concentrati su un unico obiettivo. C'è la comunità scientifica, c'è la comunità scientifica che per molti versi nel Mezzogiorno rappresenta in casi, in alcuni casi, l'unico vero punto di riferimento. C'è una Comunità Scientifica che ha una responsabilità che prima non aveva. C'è una Comunità Scientifica che si apre verso il territorio, verso le esigenze socio-economiche e qualcuno, l'altro giorno ho partecipato ad una tavola rotonda, l'ho trovata estremamente interessenza, si chiedeva perché in Italia non si fa sistema tra il pubblico e il privato, perché non c'è questa integrazione direi quasi automatica, perché? Mah, molti dicevano motivi culturali, autoreferenzialità delle strutture scientifiche, mah forse sarà anche questo. Io penso, invece, che c'è una cosa molto importante che sta cambiando l'atteggiamento della ricerca pubblica in generale. È cambiato il rapporto tra la società e la scienza, fondamentalmente questo credo sia la chiave di lettura. Sino a cinque, forse, anche dieci, forse, sì dieci, cinque fino anche a cinque anni fa era, come dire? La tecnologia che si offriva alla società. Un nuovo prodotto viene offerto, la gente ne valuta la convenienza e quindi accoglie il prodotto che, generalmente, è un prodotto che nasce dalla ricerca. A mio avviso è cambiato il rapporto, oggi è il cittadino che chiede alla ricerca di risolvere i propri problemi, oggi è il cittadino che chiede alla ricerca di risolvere i problemi delle salute, del benessere, delle comunicazioni e anche in questo momento, in un momento come il nostro di risolvere i problemi economici e allora, forse, non eravamo pronti come Comunità Scientifica ad assumere questa responsabilità, adesso dobbiamo assumere questa responsabilità. Per carità la nostra Accademia ha sempre avuto una vitalità importante, vi faccio un esempio, una cosa che, vedete, ci sono tante contraddizioni sulle quali varrebbe la pena di riflettere, il nostro sistema formativo non è buono e poi, invece, i nostri ricercatori vengono comprati dal mercato in una maniera assoluta, i nostri ricercatori sono considerati tra i migliori al mondo e chi li ha formati? Chi li ha formati? Che anche su questo poi, vedete, e qui mi rivolgo veramente all'Accademia, mi rivolgo agli Enti di Ricerca non c'è un problema della fuga dei cervelli dovrebbe essere obbligatorio andare all'estero ad imparare non è il problema della fuga dei cervelli, il problema è che non creiamo la condizione o per metterli in rete e avvalerci della loro esperienza o per farli rientrare, ma rientrare non soltanto attraverso finanziamenti pubblici, li abbiamo fatti, abbiamo avuto dei risultati, come dire, chiaroscuri perché poi quelli che sono rientrati se ne sono riandati, quindi, dobbiamo creare delle condizioni di accoglienza che ci facciano diventare anche attrattivi degli altri ricercatori degli altri Paesi, forse, qui è più il limite il fatto di organizzare e di vedere le nostre strutture di ricerca in maniera un pochino diversa non più in maniera verticale, non più in maniera, come dire, monadistica, dobbiamo parlare in discorsi di circuiti, circuiti di eccellenza nei quali il nostro Paese a pieno titolo può e deve entrare e, quindi, abbiamo il pubblico e abbiamo il pubblico che si apre e si deve aprire su discorsi di ordine economico, deve, si deve tagliare la catena, la distanza tra le scienza e il mercato, deve diventare un'integrazione costante e strutturale. Le imprese, sì ricordavi, caro amico, che noi abbiamo il 98% e oltre di piccole e medie imprese, imprese che per loro stessa natura e certamente non possono sopportare investimenti a rischio come quelli della ricerca e dell'innovazione. Io, innanzitutto, penso una cosa, io non credo che le nostre imprese investano in ricerca anche perché come sono rilevati questi dati qui, con questionari che girano a volte? Oppure dai bilanci e chi è che mette in bilancio la ricerca che se l'ammortizza in tre anni soprattutto. D'Alessandro: "Se posso dare, fare un esempio? In realtà io in questo momento non parlo come Commissione, ma parlo come italiano, diciamo. In realtà qualche dubbio l'ho avuto anche io quando rilevavo i dati italiani rispetto agli altri Paesi, ma qui c'è un problema, secondo me, legato più alla modalità di contabilizzazione piuttosto che a spese effettivamente sostenute nella ricerca". Luciano Criscuoli: "E siamo assolutamente d'accordo, non vorrei entrare adesso in questa ... io sono convinto che sia così, io sono convinto perché sennò non si spiegherebbe il fatto che le nostre imprese sono tra le prime nel mondo a immettere un maggior numero di prodotti innovativi sul mercato. Io sono convinto di questo". D'Alessandro: "Ma c'è anche un altro aspetto legato essenzialmente, secondo il mio parere, questo è personale, legato anche alla convenienza, diciamo, fiscale, per certi aspetti. Luciano Criscuoli: E certo, l'esposizione in bilancio". D'Alessandro: "Però questo va detto fuori record ovviamente come ...". Luciano Criscuoli: "Va bene, questo lo diciamo fuori dai record e diciamo che, in effetti, abbiamo tutti questa sensazione e poi, però, dicevo. Noi come pubblico che cosa dobbiamo fare? Io sto dicendo queste cose, perché queste cose poi le ritrovate, secondo me, pari nella nostra programmazione. Qual è il dovere del pubblico, è quello di sostituirsi a un'eventuale carenza di investimento del privato? Vi faccio questa domanda è questo che deve fare il pubblico? La mia risposta è assolutamente no. Il pubblico deve realizzare delle condizioni di crescita delle condizioni di contesto all'interno del quale anche le piccole e medie imprese o imprese che, comunque, per loro tradizione non si sono impegnate sul versante della ricerca trovino, invece, dei vantaggi enormi e delle economie di scala per poter sostenere anche questi volumi economici che non sono indifferenti. Quindi realizzare questo ambiente favorevole, dopo dirò se non mi leva la parola prima e forse fa bene, dopo dirò le cose che abbiamo fatto e che intenderemo fare però credo che sia importante metterci un attimo su certe lunghezze d'onda perché altrimenti il significato di questa iniziativa si perde. Le imprese, per esempio, per loro stessa natura si aggregano, si sono sempre aggregate, pensate ai distretti industriali, che cos'erano? Le aggregazioni di imprese, erano aggregazioni di ordine verticale. Oggi il verticale non va più perché abbiamo delle tecnologie abilitanti che devono tagliare un'enormità di settori industriali, bisogna aggregarle in un modo diverso ed è quello che noi abbiamo cercato di fare attraverso i distretti di alta tecnologia, per esempio, quindi queste iniziative che abbiamo portato avanti nel passato oggi noi ce le troviamo. Quindi abbiamo parlato del ruolo della pubblica amministrazione e, naturalmente, la presenza della Commissione mi ricorda che dovevo sottolineare questa forte integrazione tra il QSN e le politiche comunitarie. C'è stata una forte integrazione, quindi, questo è stato un altro motivo di grande lavoro e riflessione. Dicevo adesso questi tre soggetti, la parte pubblica, le università, gli enti e le imprese cominciamoli a vedere non più come delle barche che camminano, ma come la elica delle barche se ognuno rappresenta la pala immaginate se questa elica comincia a girare quanto in grado che tipo di propellente violento riesce ad essere per portare alcune situazioni ai livelli che naturalmente cerchiamo di conseguire. Io penso che un'ultima annotazione poi davvero chiudo perché ho sforato i tempi in maniera forse eccessiva. Non date retta, non partiamo da zero anche nelle quattro Regioni, abbiamo investito e abbiamo investito bene, forse partendo da latri presupposti, abbiamo delle condizioni di sviluppo molto forte, ricordo che nella precedente programmazione abbiamo coinvolto qualcosa come 1200 imprese e qualcuno quando sente questi numeri dice, ma ci sono nel Mezzogiorno. Sì, ci sono ma una delle altre cose su cui abbiamo puntato e queste cose sono ancora visibili è l'attrazione di investimento che rimane ancora oggi una nostra priorità. Abbiamo realizzato una serie infinita di brevetti, abbiamo mandato in formazione un'enormità di dottori di ricerca e di ricercatori perché poi e con questo davvero concludo. L'aspetto fondamentale è che stiamo creando una cultura nuova nel Paese, l'aspetto fondamentale è che stiamo formando dei giovani attrezzati per competere in un mondo che non fa sconti, attrezzati per sostenere sfide che non sono più le sfide disciplinari, am che sono sfide che comportano la necessità di una conoscenza sempre nuova e costante in una visione sicuramente interdisciplinare. Ecco questo è un altro compito che lasciamo alle università, stiamo preparando dei giovani per rimanere anche nei loro territori e cercare di favorirne la crescita. Poi mi piace ricordare e chiudo davvero, la battuta, non so chi l'ha detta non me lo ricordo, ricordiamoci, proprio parlando dei giovani, che tutte le generazioni hanno in prestito il mondo dalle generazioni successive".